SANDRIGO


Villa Sesso Schiavo

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Un Tesoro Architettonico e Storico

Esplorando l’Eleganza Cinquecentesca e il Fascino Settecentesco in una Dimora Veneta Ricca di Storia e Arte

Situata a pochi passi dalla piazza principale del paese, Villa Sesso Schiavo è forse il complesso di villa più noto della zona. Molteplici, sono gli elementi che la compongono, un settore cinquecentesco, il corpo settecentesco, il rustico, una barchessa con colonnato dorico, infine la cappella dedicata a S. Lorenzo. Il tutto è avvolto da una cinta muraria che si apre con un cancello principale verso ovest e uno secondario verso est che funge da accesso alla campagna, entrambi i cancelli sono sormontati da statue del primo settecento e un arco nei pressi del rustico.

Qualche cenno storico

Intorno agli anni venti del XIV secolo si insediò a Sandrigo la famiglia dei conti Sesso. Non si hanno molte notizie rispetto a questa casata, nonostante i numerosi studi, si parla ad esempio un certo Decilio Sesso, presente a Roma nel II secolo a.C., e di alcuni suoi discendenti che si sarebbero trasferiti nella pianura emiliana intorno al 187 a.C., di cui si ha testimonianza grazie ad un documento rinvenuto nei pressi di Parma. Tuttavia collegare questi con Decilio risulta abbastanza difficile, come lo è anche trovare una relazione tra i Sesso parmensi e i Sesso veronesi. C’è anche un’altra corrente di pensiero che vede l’origine della famiglia Sesso in un condottiero di origine longobarda.

Bisogna fare un salto temporale al XIV secolo per avere testimonianze certe riguardo questa famiglia. All’inizio del 1300 abbiamo infatti notizie di un certo Frignano Sesso, Vicario Generale dei Della Scala. Il terzogenito di questo personaggio viene presto nominato Capitanio di Vicenza da Casagrande I e da questo momento la famiglia entra in possesso dei territori sandricensi. Da qui in poi la famiglia, insieme al paese, fu partecipe di una serie di vicissitudini che riguardarono il territorio regionale.

Nel 1404 la provincia di Vicenza si cedette spontaneamente a Venezia, passando sotto il controllo della Serenissima. Comincia in quest’epoca un periodo florido, con bonifiche e dissodamento di vaste aree, azioni necessarie per lo sviluppo dell’agricoltura. Alla metà del medesimo secolo la famiglia decide di far costruire una prima casa di campagna, situata a sud del centro di Sandrigo e volta al controllo delle attività agricole. La villa viene usufruita dai Sesso anche nel secolo seguente, tuttavia intorno al 1570 Silvio Sesso, figlio di Lorenzo, commissionò una nuova villa per sé poco distante da quella già esistente. I motivi della scelta di questo luogo non sono ben chiari, ma si presume che Silvio l’avesse scelto per la presenza di acque superficiali, ma soprattutto per l’esistenza in loco di una preesistenza.

L’edificio passò di proprietà a Carlo Schiavo nel 1832 e nel 1965 venne ereditato dalla famiglia Nardone. Pochi anni prima, tra il 1960 e il 1961, venne avviata un’opera di restauro grazie alla pressione di un sandricense, tale Gabriele Chemello, preoccupato per il grave stato di deturpamento in cui l’edificio si trovava. Grazie a quest’immensa opera la villa conobbe un nuovo splendore, riportando alla luce affreschi e ornamenti che si erano dati per perduti.

In anni più recenti poi la villa ha subito un ulteriore passaggio di proprietà venendo acquistata dalle famiglie Bellotto e De Toni che, come fatto in precedenza dalla famiglia Nardone, la rendono visitabile al pubblico, previo appuntamento, durante tutto l’anno e con accesso libero in occasione dell’annuale mercatino che si svolge all’interno e all’esterno della loggia cinquecentesca durante il periodo natalizio.

Il settore cinquecentesco

Guardandolo dall’esterno il settore cinquecentesco della villa si presenta come una struttura sobria ed elegante, con un frontone triangolare su cui si ergono delle statue cinquecentesche. Dal piccolo portale incorniciato da bugnato si entra direttamente nella loggia rivolta verso il parco e delimitata da sei colonne di ordine dorico che sorreggono un architrave composto da tre fasce lisce poggiante su una struttura lignea da cui parte la travatura alla Sansovino. Tra gli intercolunni si erige un parapetto che lascia libero il passaggio centrale che si apre sul parco.

Sul lato sinistro della loggia si aprono cinque porte contornate da finto bugnato e che segnano l’ingresso verso le quattro stanze affrescate. Parallelamente all’ingresso invece si trova un altro uscio che segna l’ingresso al corpo settecentesco della villa. Il corredo pittorico della villa si sviluppa all’interno delle quattro sale, ma viene anticipato dalla parete di fondo della loggia affrescata con la scena dell’uccisione di Caco da parte di Ercole e Perseo che regge la testa di Medusa, ad oggi praticamente illeggibile.

Entrando poi nella prima stanza, della Storia, verso est notiamo delle finte colonne marmoree corinzie che delimitano dei riquadri con paesaggi colti durante le diverse stagioni, oltre a due ritratti di imperatori romani al di sopra delle due porte secondarie. Sul lato sud invece si osserva un probabile ritratto di Silvio Sesso corazzato e con bastone di comando posto all’interno di una finta nicchia completata ai lati da putti e festoni, probabilmente di diversa fattura. Nella seconda stanza si palesa poi la presenza della scuola veronese cinquecentesca, con la riproduzione allegorica delle Virtù e dei Vizi, oltre a fatti o personaggi mitologici. Non pochi sono i problemi di attribuzione che concernono questa stanza e che vengono ulteriormente complicati dal camino barocco con nappa rigonfia e cariatidi in pietra. Il tutto porta a valutare la possibilità di un intervento in epoca settecentesca, quando per l’appunto il complesso venne ristrutturato ed il corpo ad est ricostruito. Sulle sovrapporte si trovano le raffigurazioni delle virtù cardinali, Prudenza, Fortezza, Temperanza e Giustizia. Partendo dalla parete meridionale viene raffigurato Mercurio che avverte Giove e Giunone, segue infatti la scena del tradimento di lui. La parete occidentale ospita poi l’affresco dedicato al ratto di Proserpina e a Venere che unge il figlio Enea. Proseguendo verso la parete settentrionale troviamo poi la rappresentazione del dio Apollo e del figlio Fetonte. Seguono gli amori di Venere e Marte e la scoperta di adulterio da parte del dio Vulcano. Un altro camino, di epoca però precedente, si trova nella terza stanza, dedicata agli Elementi. Qui le pareti sono riccamente decorate con un fregio in cui sono rappresentati gli elementi naturali probabile esempio del manierismo tosco-emiliano per la povertà cromatica. Sulla parete occidentale troviamo la personificazione della Terra, una donna dai cui seni sgorga latte e accompagnata da Bacco, Cerere e Proserpina. L’Acqua è poi protagonista dell’affresco della parete meridionale, simboleggiata da Nettuno e la consorte Anfitrite, oltre ad altri personaggi marini.  Ad est la dea Giunone con il pavone personifica l’Aria e viene colta nell’atto di consegnare una lettera ad Iride, coronata dall’arcobaleno, a destra si scorge poi Aurora abbracciata a Titone e all’angolo opposto la Notte con i Venti. Infine la rappresentazione del Fuoco si snoda sopra il camino dalle zampe leonine, con una rappresentazione della fucina del dio Vulcano. Nella quarta ed ultima stanza, detta del Baccanale, si possono osservare appunto dei baccanali d’ispirazione romana attribuiti, con qualche riserva, ad Alessandro Maganza. È infatti probabile che tali affreschi siano frutto del lavoro di un pittore della scuola veneta, principalmente per una questione legata al colore; tuttavia è anche presunta una possibile influenza del manierismo tosco-emiliano. Di fronte a questa apparente confusione gli storici hanno ritenuto plausibile la possibilità di un intervento avvenuto nel secolo successivo. Sulla parete meridionale vi è poi una grande scena di vendemmia con putti e satiri, oltre a bevitori di vino ed animali come cani, germani e un tacchino, animale da poco arrivato in territorio europeo dopo la recente scoperta delle Americhe. Nella parete nord continua il convivio e si nota la presenza del dio Bacco che appare su un carro dorato trainato da capri.

Per quanto riguarda questa ala non si hanno notizie in merito all’architetto, ma si può certamente osservare come si rifaccia ai grandi architetti dell’epoca. Tuttavia presumere che sia opera di Palladio risulta senz’altro una forzatura. L’architetto padovano negli anni settanta del cinquecento era nel pieno della sua maturità artistica e aveva già realizzato molte delle sue opere più prestigiose, inoltre in seguito alla morte di Jacopo Sansovino si era trasferito a Venezia (1570). È dunque abbastanza improbabile che in quello stesso anno si fosse dedicato alla progettazione di Villa Sesso, inoltre alcune palesi distrazioni, come il freddo architrave del portico, l’innesto nei fianchi delle colonne laterali, o ancora il greve muretto alla base, non fanno altro che confermare questa tesi. Nonostante ciò è comunque possibile constatare come la villa sia sicuramente di scuola palladiana e che il suo autore facesse parte della ristretta cerchia degli allievi del Palladio attivi nella seconda metà del XVI secolo.

Il settore settecentesco

Nel corso del 1700 venne eretto un nuovo corpo di fabbrica adiacente all’ala cinquecentesca, che oggi come allora costituisce il nucleo abitativo della villa.  Un edificio semplice, ma elegante con proporzioni armoniche e leggermente arretrato rispetto al loggiato. Si ritiene che tale corpo di fabbrica sia in realtà una ristrutturazione di un edificio più antico; questo pensiero è influenzato da un attento esame del prospetto nord e della pianta dell’interno articolato in modo confusionario e su livelli differenti.

L’abitazione, è un autentico museo “spontaneo” dello stile di vita riservato alle classi abbienti tra il 1800 e i primi decenni del ‘900. Dagli ambienti di servizio fino agli eleganti salotti e al rifinire delle camere da letto, gli spazi della dimora raccontano in modo genuino, come in ben conservare foto d’epoca, gli agi e le occupazioni degli Schiavo, prosperi mercati che acquistarono la Villa dagli ormai indebitati proprietari originali, a metà del XIX secolo. La porta centrale e la finestra soprastante con balaustra costituiscono il motivo centrale e ad esse sono associati due brevi fianchi simmetrici. All’interno l’abitazione presenta degli usci semplici di taglio rettangolare e privi di modanature. Gli ambienti interni sono dislocati su due piani e sono sobriamente arredati, meritevoli di nota le decorazioni ottocentesche delle stanze che si aprono sul portico e di quella a nord ovest. La stanza più affascinante è sicuramente la cucina dominata da un maestoso camino e completata con suppellettili d’epoca attentamente conservati dalla famiglia. A lato della cucina si apre un altro ambiente che si sviluppa attorno ad un antico pozzo.

Arredi, complementi, decori e oggetti d’uso permettono di vedere, toccare, rivivere usi e costumi di quell’epoca, in immagini cristallizzate nel tempo. Interessanti anche i resti di medicazioni e articoli sanitari rimasti nell’edificio dagli anni in cui qui fu ospitato un ospedale militare, durante la grande guerra. Questa grande abitazione, si allunga senza soluzione di continuità nella barchessa settentrionale, che a propria volta introduce al giardino della risorgiva.

Il rustico

Più ad est, e su un livello più basso rispetto agli altri due edifici si, trova il rustico. La struttura è composta da un portico a cinque arcate con colonne doriche che incorniciano le retrostanti stalle e fienili, segue poi un settore terminale che in origine ospitava gli alloggi dei contadini.

L’ala sud

Il settore meridionale della villa comprende la cappella di San Lorenzo la cui facciata si proietta sull’omonima via. L’edificio venne fatto erigere nel 1696 da Alessandro Sesso in onore del padre Lorenzo Benedetto e contiene al suo interno una pala raffigurante San Lorenzo e San Francesco. Segue un porticato dorico che riprende quello del loggiato e in parte interrato, ma i resti testimoniano come in un’epoca precedente esso percorresse un tratto più lungo coprendo anche il lato est che aveva sul lato anteriore un selciato per l’essiccazione dei cereali. Al centro della barchessa esistono i resti di un’alta torre medievale che con ogni probabilità dominava il territorio circostante.